lunedì 5 settembre 2011

Gli animali ci guardano


La vita di tutti i giorni offre a chi le sa cogliere infinite possibilità di riflettere sul senso delle cose. Eccone dunque una. La carta igienica, a casa nostra, entra in pacchi da minimo venti rotoli. Spesso due pacchi alla volta, perché due costano meno che uno. Penso che la cubatura del bagno si espanda in ossequio a qualche legge della fisica quantistica in presenza di quantità elevate di carta igienica, perché abbiamo un bagno minuscolo ma i pacchi-mostro che compriamo è come se non si vedessero. Insomma, una volta superato il momento urgente in cui bisogna correre a comprare la carta igienica, la coscienza di essere gli abbienti possessori di quaranta rotoli di carta igienica ci permette di arrivare beati alla prossima emergenza.

Ma non è questa la riflessione che facevo oggi. Tornato a casa, due enormi pacchi troneggiavano in quello che chiamerò il tinello di casa nostra. Forse a causa delle dimensioni – è come avere in casa due cartelloni pubblicitari da autostrada – mi sono chiesto per la prima volta: ma cosa c’entra quel cane con la carta igienica?
Non capisco come mai, da decenni, cani, gatti e animali di pelo preferibilmente bianco vengono associati con la carta igienica. In un dialogo forbito degno di Platone, T. sosteneva che la spiegazione sta nel legame tra la morbidezza del pelo e la tenerezza indifesa di questi animali – in genere cuccioli dall’occhio languido – e la morbidezza e candore della carta.


Ma allora io – pensando ad usi e funzioni della stessa – dico che ancor più sotto ci dev’essere un istinto represso sadico e crudele nei confronti dei poveri animali, che a decine ci guardano indifesi dalle pile di involucri biodegradabili sugli scaffali del supermercato.

venerdì 2 settembre 2011

La moda ha le sue ragioni, che le stagioni spesso non conoscono

Lasciamo Pascal rivoltarsi nella tomba, e contempliamo questa meraviglia, questo oggetto che, come il mare d’inverno, la mente non considera : una t-shirt con sciarpa annessa. Non voglio dire un coordinato sciarpa-t-shirt (di per sé di dubbia utilità), proprio una maglietta alla quale qualcuno ha pensato bene di cucire una sciarpa.
Sono pronto ad ammettere che, al momento dell’acquisto, non ero nel pieno possesso delle mie facoltà, perché sono tornato a casa piuttosto contento. Ma dopo alcuni tentativi di drappeggiare la sciarpa al mio collo, sono caduto nello sconforto: da trend-setter a vittima di un raggiro peggiore dello scioglipancia di Wanna Marchi*. E da quasi due mesi medito se separare o meno le due componenti di questo innaturale ircocervo, inutile tanto in estate quanto in inverno.
Quanto a indossare la t-shirt, non ne parliamo nemmeno: è passata indenne dal negozio, all’armadio, alla valigia delle vacanze, all’armadio, al mio letto, al pavimento.